Al Lilandt che arrivò così impaurito da farsi imboccare il bollito per qualche settimana, da sotto la panca di Tre Colli.
Al Lilandt che entrava nelle stazioni terrorizzato, raso terra come un marines.
Al Lilandt del "micio micio", che rincorreva i gatti alla velocità della luce ma raramente li raggiungeva.
Al Lilandt pauroso dell'acqua, che stava lontano dal mare e, se costretto, raggiungeva dritto come un fuso la riva.
Al Lilandt che ti saltava addosso come un matto per salutarti, affettuoso e felice al nostro ritorno dal lavoro.
Al Lilandt autonomo, indipendente, orgoglioso, fiero.
Al Lilandt che quella notte di agosto del 2006 mi fece morire dal dolore, perchè lo pensai morto.
Al Lilandt che si è ammalato di cuore ed ha resistito alla malattia tenace, con la stessa voglia di vivere che lo aveva sempre accompagnato.
Al Lilandt che è stato con me per quasi 15 anni, nel bene e nel male, nella gioia e nelle difficoltà degli ultimi anni: a Tre Colli, a Pisa, a Tirrenia, a Firenze e poi a Torre del Lago.
A Lilandt di Patroni Griffi: “Ti amo”, disse Lilandt con voce chiara mentre continuava a leccare il suo marchio, “non lo dimenticare mai”.
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